Lavoro minorile, 168 milioni di piccoli operai, minatori o domestici

due minori che lavorano vicino una macchina

168 milioni sono i bambini e adolescenti nel mondo costretti a lavorare in condizioni di sfruttamento e 85 milioni in lavori altamente pericolosi.

Il settore con  più alta presenza di minori è l’agricoltura (98 milioni), seguono le attività domestiche, il lavoro in miniera e nelle fabbriche. L’Africa sub sahariana è l’area del mondo con la massima incidenza di minori al lavoro, ma anche in Italia non si scherza: circa 340mila giovani sotto i 16 anni lavorano al limite dello sfruttamento,  di cui 28mila sono coinvolti in attività molto pericolose per la loro sicurezza e salute.

Alcuni dati sconvolgenti di uno studio svolto da Save the Children che riguardano il nostro paese:

in Italia il 7% dei minori nella fascia di età 7-15 anni è coinvolta nel lavoro minorile. Due minori su tre tra i 14 e 15 anni sono maschi e circa il 7% è un minore straniero. L’11% degli adolescenti che lavorano (circa 28mila) sono coinvolti nelle forme peggiori di lavoro minorile, con orari notturni o con un impegno continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, di non avere neanche un spazio minimo per il gioco e  il divertimento o per il necessario riposo. Lavorano  per lo più in attività di famiglia (44,9%) mentre per ciò che riguarda i minori impiegati all’esterno del circuito familiare, i settori principali sono quello della ristorazione (43%), dell’artigianato (20%) e del lavoro in campagna (20%).

Sempre secondo un’indagine di Save the Children, risulta che i minori coinvolti in sfruttamento lavorativo provengono la maggior parte dal circuito della giustizia minorile, in quell’età di passaggio dalla scuola media alla superiore, che vede in Italia uno dei tassi di dispersione scolastica più elevati d’Europa e pari al 18,2%. Un dato che fa capire che è necessario in Italia fare qualcosa di più concreto contro la dispersione scolastica, con interventi di sostegno formativo e di inserimento lavorativo protetto per i ragazzi che hanno abbandonato gli studi.

«Un bambino costretto a lavorare prima del tempo, avrà il doppio delle difficoltà dei suoi coetanei ad accedere ad un lavoro dignitoso in età più adulta», commenta Furio Rosati dell’ILO e direttore del programma di ricerca ILO-UNICEF-Banca Mondiale Understanding Children’s Work (UCW), «correrà molti più rischi di rimanere ai margini della società, in condizioni di sfruttamento». «E’ cruciale assicurare ai minori un’ istruzione di qualità almeno fino all’età minima di accesso al mercato del lavoro per garantire l’acquisizione delle conoscenze base e delle competenze adeguate alle necessità del mercato del lavoro», continua Rosati, «Dobbiamo impedire che il lavoro minorile comprometta il presente e il futuro dei bambini e agire perché ciò non accada, sia nei paesi in via di sviluppo che nei paesi più benestanti,  Italia inclusa».